Notizie dall`UNC SI PUO’ NON PAGARE IL CANONE RAI? (9365) Alessandro Drei, Avvocato del Foro di Ravenna, membro di Consumerlaw
Ogni anno in gennaio c’è la fila agli sportelli delle associazioni dei consumatori.
La gente non ha ancora capito cosa succede se smette di pagare il canone Rai. Navigando su internet si trova abbondanza di consigli e suggerimenti, storie fantastiche di sceriffi al soldo della RAI che entrerebbero di forza nelle case delle persone sventolando un mandato del giudice per controllare se c’è un televisore, e cose del genere.
Neppure le notizie di cronaca o i dibattiti politici aiutano molto: sono sempre di più i politici che quando sono al governo invitano i cittadini a pagare il canone mentre quando siedono all’opposizione invitano a non pagarlo.
Tutto questo non aiuta a risolvere il problema. Proviamoci noi.
E’ da almeno quarant’anni che, ciclicamente, qualcuno propone di non pagare il canone televisivo. Cominciò un partito politico, sostenendo che bastava pagare la tassa di concessione governativa, che è circa il 4% del canone intero. Qualcuno ci ha provato ha passato i guai con il pignoramento dei beni. In base a una legge del defunto re Vittorio Emanuele III, che è ancora in vigore, tutte le onde elettromagnetiche che vagano nello spazio aereo del territorio italiano (quindi anche i segnali radio e televisivi, nazionali ed esteri) sono di proprietà dello Stato, che li ha dati in gestione e concessione alla Rai, la quale paga allo Stato la ridicola tassa di concessione governativa, in realtà pagata dagli utenti con il canone.
Ciò spiega anche perché bisogna pagare il canone anche se non si vedono mai i programmi della Rai e addirittura se non si ricevono. Diverse sentenze della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazione hanno pure stabilito che il canone televisivo è dovuto per il semplice possesso del televisore, anche se è perennemente guasto e anche se non riceve i segnali Rai, come succede in qualche parte delle vallate alpine.
Oggi, con la legge dell’ex re d’Italia ancora in vigore, ci sono soltanto due modi per non pagare il canone, entrambi pienamente leciti:
a) buttare o regalare il televisore, seguendo una procedura precisa;
b) oppure chiederne il suggellamento, sempre con una procedura precisa. Quest’ultima sembra di gran lunga la più conveniente, perché consente di continuare a vedere gratis tutti i programmi televisivi.
Sul libretto di abbonamento c’è un’apposita cartolina intitolata “denuncia di cessazione” e bisogna stare attenti a seguirne minuziosamente le istruzioni, barrando la casella con la richiesta di suggellamento dopo aver fatto un vaglia postale di 5,17 euro intestato al SAT –Sportello Abbonamenti TV – Casella postale 22, 10100 Torino. Poi, entro il 30 novembre, bisogna spedire per raccomandata AR la cartolina firmata, allegando la ricevuta originale del vaglia e il libretto di abbonamento (conservare fotocopia di tutto). Se il libretto è andato smarrito, si può fare una lettera raccomandata.
A questo punto l’utente non è più tenuto al pagamento del canone e, teoricamente, dovrebbe avvenire il suggellamento del televisore da parte dell’Ufficio tecnico erariale, al quale è stata passata la pratica.
La procedura per il suggellamento è sempre la stessa sin dal 1938: dovrebbero presentarsi due funzionari con un sacco di juta per avvolgere il televisore, chiuderlo con un filo di ferro munito all’estremità di un piombino timbrato, redigere un verbale in tre copie, compilare un registro, eccetera. L’Unione Nazionale Consumatori ha elaborato un calcolo elementare ma molto significativo: che se in una città 365 persone chiedessero ogni anno il suggellamento del televisore, l’Ufficio tecnico erariale dovrebbe perdere 365 mattine di lavoro, ammesso che trovi sempre in casa gli interessati.
Risultato: non viene nessuno, ci sono utenti che hanno fatto domanda di suggellamento da oltre dieci anni e continuano a guardare la televisione gratis, anche perché l’erario incassa una piccola parte del canone e non ha interesse all’operazione di suggellamento, che verrebbe a costare molto di più. Di tutto questo c’è anche la prova su Internet, ove si possono leggere le quotazioni dei televisori suggellati, che sono venduti come pezzi di antiquariato, poiché gli ultimi suggellamenti risalgono a trenta anni fa.
Così, per intimorire chi ha chiesto il suggellamento, il SAT manda all’utente un modello di dichiarazione, da firmare e restituire, con la quale l’utente stesso accetta di permettere la visita della Guardia di finanza per verificare che non sia stato tolto il “suggello”. Ma non vengono né i suggellatori né la Guardia di finanza.
Per chi volesse seguire una di queste procedure, si raccomanda vivamente di seguire attentamente le istruzioni. Per ogni eventuale dubbio o quesito ci si può sempre rivolgere ad una associazione di consumatori.
Alessandro Drei, Avvocato del Foro di Ravenna, membro di Consumerlaw
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