questo blog è un cofanetto pieno di piccole esperienze personali. di Beppe La Forgia
curiosi
martedì 5 febbraio 2013
http://www.ilmessaggero.it-Allarme omofobia, Vendola denuncia: «A Roma ho paura a uscire la sera»
Allarme omofobia, Vendola denuncia:
|
PER APPROFONDIRE vendola
ROMA - «Questo clima mi impone di limitare gli spazi della mia vita privata. Sono costretto a gestire ogni mossa con molta prudenza. Se a Roma di sera mi viene voglia di fare due passi da solo, rinuncio». Lo affermail leader di Sel, Nichi Vendola, in un'intervista al Fatto Quotidiano in cui lancia l'allarme omofobia dopo gli insulti pubblicati su Facebook da un militante di Casapound. e il giorno dopo le scritte omofobe comparse al liceo Tasso. Il direttore del Fatto Antonio Padellaro ha chiesto a tutti i leader politici di esprimere, con un 'coming out' comune, la solidarietà a Vendola per gli insulti. «A Roma negli anni di Alemanno ho visto lo sdoganamento dei piccoli gruppi dediti all'igiene del mondo», dice ancora Vendola, sottolineando che il problema ha una portata nazionale.
In Italia «il fatto che io sia insultato da fascisti e nazisti di vari network non è neanche oggetto di rammarico. Questo è il Paese dove il sigillo di normalità lo ha messo Giovanardi. Qui un certo ambiente ecclesiastico impedisce perfino che si facciano norme per sanzionare la violenza», continua il presidente della Puglia, annunciando che nei prossimi giorni presenterà una proposta di legge per i matrimoni gay. «Non ho sciolto il mio partito nella coalizione: se andremo al governo rispetteremo il programma, ma siamo liberi di presentare le nostre proposte», sottolinea. «E io credo che questa partita vada aperta, non si può far vivere il dibattito sul filo del compromesso». «Spero che da parte della Chiesa ci sia un atteggiamento nuovo di comprensione, dialogo e di ascolto. Io mi sono battuto in tutta la mia vita perchè ci potesse essere un disgelo», sottolineato poi il leader di Sel ai microfoni di Popolare Network. «La Chiesa che giudica senza appello e che condanna, che ha un atteggiamento di pregiudizio (spesso con toni poco evangelici), credo - dice Vendola - debba fare i conti con una cultura nuova che sta maturando in tutto il mondo. Io sono per una Libera Chiesa in un Libero Stato». «Vendola offende Roma. Dall'europride del 2011 a ogni gaypride la nostra città ha sempre garantito accoglienza e rispetto per tutti». Così, su twitter, il sindaco Gianni Alemanno replica a Vendola. «Restituire diritti e sicurezza a Roma umiliata dalla destra. Ha ragione NichiVendola», dice invece sempre su twitter David Sassoli, candidato alle primarie del centrosinistra per il sindaco di Roma. «Anch'io sono gay». Così Sandro Ruotolo, candidato governatore per il Lazio di Rivoluzione Civile, raccoglie l'appello del direttore del Fatto. «Accolgo l'appello del direttore Antonio Padellaro - spiega - e mi auguro che nelle prossime ore anche tutti gli altri candidati, non solo di Rivoluzione Civile ma di tutte le formazioni politiche, escano allo scoperto e facciano outing». «È inaccettabile - rimarca Ruotolo - che a Roma, culla della civiltà, un gay non possa circolare di notte». E conclude «mi sento gay, zingaro, ebreo, immigrati, buddista, cattolico, lesbica. Difendo i diritti contro ogni discriminazione». |
ilsole24ore.com-In prova: Galaxy Note 10.1 con Jelly Bean, ecco il vero anti iPad
In prova: Galaxy Note 10.1 con Jelly Bean, ecco il vero anti iPad
Jelly Bean + Galaxy Note 10.1, ecco l’equazione che come risultato genera un vero anti iPad. Sì, perché l’aggiornamento da poco rilasciato per passare al sistema operativo Android 4.1.2 trasforma completamente questo tablet di Samsung con la penna magica, espandendone le potenzialità e le funzioni grazie a un multitasking che nessun altro concorrente può al momento vantare. E questo perché la prima cosa che si nota, dopo aver aggiornato il dispositivo, è che ora non sono solo due le applicazioni che possono contendesi lo schermo ma ben 32, accessibili da una barra-vassoio posta in basso al display. E cosi si aprono tante finestre che si possono allargare, spostare, ridimensionare e chiudere in punta di dita. Sembra quasi di usare Windows. Quello buono però, mica Windows 8 con le sue assurdità, che però garantisce una compatibilità con i formati e con le periferiche tale da rendere unici i tablet con questo Os. Tornando al tablettone di Samsung, che dal canto suo ha come difetto principale un peso non proprio piuma e un ingombro significativo, con Jelly Bean diventa un potente strumento di lavoro, anche di creatività grazie alle possibilità offerte dalla S Pen. La quale ora può fare le stesse cose già prerogativa del fratellino minore, il Galaxy Note II. E cosi si può disegnare e prendere appunti. Ma se si vuole ritagliare una foto da una pagina Web basta girarci intorno con il pennino e automaticamente cattura il particolare e lo rende disponibile per la posta elettronica, le note o, solo per fare un esempio, la rubrica del telefono. O come inserto nel foglio da disegno, rigorosamente virtuale.
Potenziate anche le funzioni di cattura schermo: ora si può, semplicemente toccando lo schermo, acquisire l’immagine durante la riproduzione di un video o di un film. E per di più anche dopo aver zoomando la visuale. E non basta: si può anche disegnarci sopra.
Con la penna inoltre si aprono anteprime di mail e di file (anche video) a distanza, cioè senza appoggiare lo stilo sullo schermo. Ed è anche possibile avanzare o arretrare velocemente nella riproduzione di un video, visualizzando per di più una piccola anteprima.
Insomma il Samsung Galaxy Note 10.1 con Jelly Bean ci pare una spanna sopra l’iPad (ma non ancora in fatto di ricchezza di contenuti informativi, come giornali e riviste, e di app eterogenee) ed è un vero computer a tavoletta che supera lo stringente ambito di impiego dei tablet, destinati alla fruizione dei contenuti. Il Note da 10 pollici è invece un dispositivo che va bene anche per lavorare oltre che per divertirsi con le immagini e i contenuti multimediali.
http://daily.wired.it-Perché gli hacker attaccano Twitter?
Perché gli hacker attaccano Twitter?
Dopo i siti di New York Times e Wall Street Journal, anche il social network è stato preso di mira. Chi c'è dietro?
di Riccardo Meggiato
Twitter è solo l’ultimo degli attacchi di una certa portata ad aver scosso il Web. Parliamo di un attacco che ha coinvolto circa 250mila utenti. Le modalità non sono state rese note, ma pare che quelli di Twitter si siano accorti di “ unusual access patterns that led to us identifying unauthorized access attempts to Twitter user data”, come recita una parte del post pubblicato nel blog ufficiale.
Insomma, dai registri di accesso, risulta che qualcuno ha tentato di accedere agli account di alcuni utenti con metodi non convenzionali. Per esempio, con un attacco di forza bruta, effettuato “ sparando” centinaia di nomi utente e password al secondo. Al di là del metodo, che si rifà comunque a un assortimento di tecniche più o meno conosciuto da tutti gli esperti di sicurezza, preoccupano due fattori. Il primo è il ritardo con cui Twitter ha comunicato l’accaduto, spesso più deleterio dell’attacco stesso. Il secondo è la preoccupante escalation di attacchi a cui stiamo assistendo negli ultimi tempi. A fine Gennaio, per esempio, è stato il turno del sito del New York Times, il noto quotidiano americano. I suoi esperti di sicurezza sono stati molti furbi: anziché chiudere subito i boccaporti virtuali, hanno preferito tenere d’occhio per qualche tempo i movimenti dei malintenzionati, in modo da scoprire i loro segreti e tappare al meglio le falle del sistema. A quel punto, li hanno espulsi seduta stante. Insomma, hanno fatto il gioco dei criminali per capire come batterli. Da notare che l’attacco è coinciso con la pubblicazione di un’inchiesta, da parte del NYT, che parlava di come il Primo Ministro cinese, Wen Jiabao, si sia arricchito di diversi miliardi di dollari tramite alcuni affari non proprio chiari. Gli investigatori digitali ritengono che questa sia la causa scatenante le ire degli hacker.
In base a questa analisi, e alle modalità di attacco, i consulenti per la sicurezza hanno pochi dubbi sul fatto che si tratti di hacker cinesi. Anzi, di più: i metodi sfruttati potrebbero essere ricondotti a quelli in voga presso gli organi militari del paese orientale, il che accresce l’alone di mistero attorno all’operazione. Un’operazione eseguita con (quasi, come vedremo) tutti i crismi del caso. Per depistare gli investigatori, gli hacker hanno dapprima penetrato dei sistemi informatici universitari americani, in modo da far partire da lì gli attacchi e mostrare che l’origine era in territorio a stelle e strisce. Bella mossa, a cui, però, gli esperti non hanno abboccato. È bastato analizzare il malware utilizzato per l’intrusione, per capire che è lo stesso sfruttato, in precedenza, per attacchi provenienti dalla sola Cina. Come se non bastasse, l’università americana scelta è la medesima utilizzato come “ appoggio” per altri attacchi cinesi verso obiettivi telematici americani. Insomma, il modus operandi è stato furbo, ma la messa in pratica ha lasciato un po’ a desiderare. Con le stesse modalità, per altro, è stato condotto, negli stessi giorni, un altro attacco eccellente. È quello al Wall Street Journal, per il quale il dito è stato puntato, ancora una volta, verso hacker cinesi. In questo caso, più che attacco, è meglio parlare di un’azione di cyber-spionaggio. Condotta, pare per monitorare la copertura dei servizi cinesi da parte della testata americana.
L’Ambasciata orientale ha condannato l’accusa, affermando che è irresponsabile farla senza avere prove tangibili.
Richard Bejtlich, Chef Security Officier dell’agenzia per la sicurezza Mandiant Corp, invece, rincara la dose: “ Fa parte della storia il fatto che la Cina voglia sapere cosa pensa L’Ovest di lei”. Del resto, gli esperti di sicurezza sostengono che, tra i circa 20 gruppi di hacker cinesi che tengono monitorati, uno è effettivamente specializzato nei media.
Gli attacchi ai quotidiani online, dunque, sarebbero opera di hacker orientali con la fissa delle notizie che riguardano il loro paese, anche se non è escluso un coinvolgimento dello stesso governo. Più criptica, al momento, la situazione di Twitter. Gli esperti del social network sostengono che l’attacco subito non è riconducibile a semplici amatori, e che può, in effetti, essere collegato agli altri perpetrati in questo periodo. L’elenco di utenti colpiti aiuterebbe a cercare delle analogie (per esempio, si trattasse di utenti che hanno a che fare con la Cina…), o per lo meno un rapporto tecnico completo sui danni subiti. La bocca cucita, in casi come questi, non è utile a nessuno, e un colosso come Twitter dovrebbe capirlo prima degli altri.
Insomma, dai registri di accesso, risulta che qualcuno ha tentato di accedere agli account di alcuni utenti con metodi non convenzionali. Per esempio, con un attacco di forza bruta, effettuato “ sparando” centinaia di nomi utente e password al secondo. Al di là del metodo, che si rifà comunque a un assortimento di tecniche più o meno conosciuto da tutti gli esperti di sicurezza, preoccupano due fattori. Il primo è il ritardo con cui Twitter ha comunicato l’accaduto, spesso più deleterio dell’attacco stesso. Il secondo è la preoccupante escalation di attacchi a cui stiamo assistendo negli ultimi tempi. A fine Gennaio, per esempio, è stato il turno del sito del New York Times, il noto quotidiano americano. I suoi esperti di sicurezza sono stati molti furbi: anziché chiudere subito i boccaporti virtuali, hanno preferito tenere d’occhio per qualche tempo i movimenti dei malintenzionati, in modo da scoprire i loro segreti e tappare al meglio le falle del sistema. A quel punto, li hanno espulsi seduta stante. Insomma, hanno fatto il gioco dei criminali per capire come batterli. Da notare che l’attacco è coinciso con la pubblicazione di un’inchiesta, da parte del NYT, che parlava di come il Primo Ministro cinese, Wen Jiabao, si sia arricchito di diversi miliardi di dollari tramite alcuni affari non proprio chiari. Gli investigatori digitali ritengono che questa sia la causa scatenante le ire degli hacker.
In base a questa analisi, e alle modalità di attacco, i consulenti per la sicurezza hanno pochi dubbi sul fatto che si tratti di hacker cinesi. Anzi, di più: i metodi sfruttati potrebbero essere ricondotti a quelli in voga presso gli organi militari del paese orientale, il che accresce l’alone di mistero attorno all’operazione. Un’operazione eseguita con (quasi, come vedremo) tutti i crismi del caso. Per depistare gli investigatori, gli hacker hanno dapprima penetrato dei sistemi informatici universitari americani, in modo da far partire da lì gli attacchi e mostrare che l’origine era in territorio a stelle e strisce. Bella mossa, a cui, però, gli esperti non hanno abboccato. È bastato analizzare il malware utilizzato per l’intrusione, per capire che è lo stesso sfruttato, in precedenza, per attacchi provenienti dalla sola Cina. Come se non bastasse, l’università americana scelta è la medesima utilizzato come “ appoggio” per altri attacchi cinesi verso obiettivi telematici americani. Insomma, il modus operandi è stato furbo, ma la messa in pratica ha lasciato un po’ a desiderare. Con le stesse modalità, per altro, è stato condotto, negli stessi giorni, un altro attacco eccellente. È quello al Wall Street Journal, per il quale il dito è stato puntato, ancora una volta, verso hacker cinesi. In questo caso, più che attacco, è meglio parlare di un’azione di cyber-spionaggio. Condotta, pare per monitorare la copertura dei servizi cinesi da parte della testata americana.
L’Ambasciata orientale ha condannato l’accusa, affermando che è irresponsabile farla senza avere prove tangibili.
Richard Bejtlich, Chef Security Officier dell’agenzia per la sicurezza Mandiant Corp, invece, rincara la dose: “ Fa parte della storia il fatto che la Cina voglia sapere cosa pensa L’Ovest di lei”. Del resto, gli esperti di sicurezza sostengono che, tra i circa 20 gruppi di hacker cinesi che tengono monitorati, uno è effettivamente specializzato nei media.
Gli attacchi ai quotidiani online, dunque, sarebbero opera di hacker orientali con la fissa delle notizie che riguardano il loro paese, anche se non è escluso un coinvolgimento dello stesso governo. Più criptica, al momento, la situazione di Twitter. Gli esperti del social network sostengono che l’attacco subito non è riconducibile a semplici amatori, e che può, in effetti, essere collegato agli altri perpetrati in questo periodo. L’elenco di utenti colpiti aiuterebbe a cercare delle analogie (per esempio, si trattasse di utenti che hanno a che fare con la Cina…), o per lo meno un rapporto tecnico completo sui danni subiti. La bocca cucita, in casi come questi, non è utile a nessuno, e un colosso come Twitter dovrebbe capirlo prima degli altri.
http://www.tgcom24.mediaset.it-Alberi storici protetti per legge
Alberi storici protetti per legge
La loro giornata sarà il 21 novembre. La tutela è compito dei Comuni che dovranno censirli.
La tutela degli alberi monumentali è legge: i Comuni dovranno censirli e chi ne provoca il danneggiamento o l'abbattimento dovrà pagare fino a 100 mila euro di sanzione. Le nuove norme riguardano in generale lo sviluppo del verde urbano e prevedono, tra l'altro, l'istituzione di una Giornata nazionale degli alberi il 21 novembre, l'obbligo per i Comuni di rispettare standard minimi in materia di verde pubblico per abitante, misure per favorire la creazione attorno alle città di "cinture verdi" e soluzioni architettoniche innovative come le coperture a verde sulle pareti degli edifici.
Un patrimonio immenso - Secondo le stime del Corpo Forestale, in Italia ci sono circa 22mila alberi di particolare interesse tra cui 2mila esemplari di grande interesse e 150 di eccezionale valore storico o monumentale.
Si va dal Castagno dei Cento Cavalli a Sant'Alfio, con il suo tronco che misura ben 22 metri di circonferenza, alla quercia delle streghe di Capannori dall'aspetto bizzarro e un po' tetro. Senza dimenticare illiriodendro del parco Besana di Sirtori in provincia di Lecco, alto ben 50 metri, e l'oleastro di San Baltolu di Luras. Quest'ultimo ha impiegato oltre due millenni per raggiungere le sue attuali dimensioni, con circonferenza del tronco di quasi 12 metri e un'altezza di 15 metri.
Sono i secolari alberi monumentali testimoni della storia d'Italia. Come gli "Alberi della Libertà", piantati dagli aderenti ai moti carbonari, o il cipresso di San Francesco in Umbria.
Si va dal Castagno dei Cento Cavalli a Sant'Alfio, con il suo tronco che misura ben 22 metri di circonferenza, alla quercia delle streghe di Capannori dall'aspetto bizzarro e un po' tetro. Senza dimenticare illiriodendro del parco Besana di Sirtori in provincia di Lecco, alto ben 50 metri, e l'oleastro di San Baltolu di Luras. Quest'ultimo ha impiegato oltre due millenni per raggiungere le sue attuali dimensioni, con circonferenza del tronco di quasi 12 metri e un'altezza di 15 metri.
Sono i secolari alberi monumentali testimoni della storia d'Italia. Come gli "Alberi della Libertà", piantati dagli aderenti ai moti carbonari, o il cipresso di San Francesco in Umbria.
Formigoni: «Se vince la sinistra mi dimetto da commissario Expo» - Milano
Formigoni: «Se vince la sinistra mi dimetto da commissario Expo» - Milano
Formigoni: «Se vince la sinistra
Formigoni: «Se vince la sinistra
mi dimetto da commissario Expo»
«È un ruolo ad personam attribuito dal governo, tuttavia ritengo per correttezza di dover fare questo gesto»
Roberto Formigoni (Fotogramma)
MILANO - «Se ci fosse la vittoria della sinistra in Regione Lombardia presenterò per correttezza le dimissioni da commissario generale di Expo 2015 il giorno dopo, poi deciderà il governo: se invece vincesse la mia coalizione resterei». Lo ha annunciato Roberto Formigoni in una conferenza stampa. Formigoni ha incontrato martedì mattina il segretario generale del Bie, Vicente Loscertales, a Palazzo Lombardia. Al termine dell'incontro, il presidente uscente della Regione Lombardia ha riferito di aver consegnato a quest'ultimo una serie di «documenti riepilogativi del lavoro che è stato fatto» sotto la sua guida come commissario generale dell'Expo 2015, promettendo di inviarli anche al governo.RUOLO AD PERSONAM - Formigoni ha spiegato di aver anticipato a Loscertales (che non ha partecipato alla conferenza stampa) le sue decisioni in merito al mantenimento dell'incarico dopo le elezioni. «Quello di commissario generale - ha ricordato ai giornalisti - è un ruolo ad personam attribuito dal governo, non è legato alla Presidenza della Regione, tuttavia ritengo per correttezza di dover fare questo gesto» se vincerà lo schieramento che sostiene Umberto Ambrosoli. Se invece vincerà Roberto Maroni, sostenuto da Pdl e Lega, Formigoni ha concluso che si sentirà «legittimato» a rimanere commissario generale dell'Expo milanese, anzi sarebbe «mio dovere».
Condono, Maroni stoppa Berlusconi «Non mi piacciono i colpi di spugna» - Milano
Condono, Maroni stoppa Berlusconi «Non mi piacciono i colpi di spugna» - Milano
Condono, Maroni stoppa Berlusconi
Condono, Maroni stoppa Berlusconi
«Non mi piacciono i colpi di spugna»
Contrario alla proposta di Berlusconi. Sì invece alla restituzione dell'Imu sulla prima casa
Roberto Maroni (Fotogramma)
«La restituzione dell'Imu sulla prima casa è senz'altro una buona idea che può aiutare la ripresa dei consumi». Lo ha detto Roberto Maroni, in collegamento telefonico alla trasmissione «Radio anch'io». Il segretario della Lega Nord e candidato governatore della Lombardia ha ricordato che l'abolizione dell'Imu sulla prima abitazione è già contenuta nel programma del Carroccio.
Iscriviti a:
Post (Atom)