Napolitano: ora verifica alle Camere
di Lina Palmerini29 sett 20
Un lungo colloquio in cui sono state innanzitutto passate al vaglio le dichiarazioni dei ministri dimissionari del Pdl e le dichiarazioni pubbliche di dissenso di alcuni esponenti del Pdl. È su questa novità politica che ha ragionato il capo dello Stato con Enrico Letta ed è per questa ragione che, nonostante le dimissioni di 5 ministri, considera indispensabile un chiarimento parlamentare. Un passaggio per verificare se esistono ancora i numeri e una maggioranza per il Governo Letta oppure se ormai l'esperienza delle larghe intese si è esaurita. L'incontro è cominciato alle 19 e, in quell'ora e mezzo di faccia a faccia, sono state esaminate le due ipotesi: quella di un voto di fiducia come accadde con Romano Prodi nel 2007 oppure quelle di un chiarimento senza la richiesta di fiducia.
La nota del capo dello Stato e quei dissensi Pdl
Sembra che al centro della discussione tra il premier e Letta ci sia stato proprio il clima di inquietudine e scollamento del Pdl. Le dichiarzioni di Angelino Alfano e degli altri ministri in palese dissenso con la linea «estremista» impressa da Silvio Berlusconi fanno pensare che sia possibile avere i numeri anche al Senato grazie ai "dissidenti" del centro-destra. Uno scenario che la nota del Colle non prefigura anche se se mette molto in rilievo lo strappo delle colombe Pdl. «Il succedersi nella giornata odierna di dichiarazioni pubbliche politicamente significative dei ministri dimissionari, di vari esponenti del Pdl e dello stesso Presidente Berlusconi ha determinato un clima di evidente incertezza circa gli effettivi possibili sviluppi della situazione politica. Da ciò - si legge nella nota del Quirinale - il Presidente del Consiglio ha tratto, d'intesa con il Presidente della Repubblica, la decisione di illustrare in Parlamento - che è la sede propria di ogni risolutivo chiarimento - le proprie valutazioni sull'accaduto e sul da farsi.
Il Presidente del Consiglio concorderà la data dei dibattiti con i Presidenti delle Camere». Dunque, ora la prova del nove si farà in Parlamento.
Sembra che al centro della discussione tra il premier e Letta ci sia stato proprio il clima di inquietudine e scollamento del Pdl. Le dichiarzioni di Angelino Alfano e degli altri ministri in palese dissenso con la linea «estremista» impressa da Silvio Berlusconi fanno pensare che sia possibile avere i numeri anche al Senato grazie ai "dissidenti" del centro-destra. Uno scenario che la nota del Colle non prefigura anche se se mette molto in rilievo lo strappo delle colombe Pdl. «Il succedersi nella giornata odierna di dichiarazioni pubbliche politicamente significative dei ministri dimissionari, di vari esponenti del Pdl e dello stesso Presidente Berlusconi ha determinato un clima di evidente incertezza circa gli effettivi possibili sviluppi della situazione politica. Da ciò - si legge nella nota del Quirinale - il Presidente del Consiglio ha tratto, d'intesa con il Presidente della Repubblica, la decisione di illustrare in Parlamento - che è la sede propria di ogni risolutivo chiarimento - le proprie valutazioni sull'accaduto e sul da farsi.
Il Presidente del Consiglio concorderà la data dei dibattiti con i Presidenti delle Camere». Dunque, ora la prova del nove si farà in Parlamento.
Quel precedente del Governo Prodi
Giorgio Napolitano lo richiama espressamente quando in mattinata a Napoli conclude la sua visita ufficiale. «Procederò con un'attenta verifica di precedenti di altre crisi a partire dal secondo Governo Prodi». È su quella frase che i cronisti cominciano a ragionare sulle ipotesi che si aprono. E la prima crisi di quell'Esecutivo ci fu nel febbraio 2007 quando all'Esecutivo mancarono due voti e il Professore rassegnò le dimissioni nelle mani di Giorgio Napolitano. Lui, però, le respinse e rinviò Prodi alle Camere dove ottenne la fiducia. Il secondo caso fu diverso perchè fu proprio il Professore a voler andare alle Camere con una relazione su cui pose un voto di fiducia ma perse la sfida e subito dopo diede le dimissioni che Napolitano dovette accettare. Dei due episodi, si guarda soprattutto al primo.
Giorgio Napolitano lo richiama espressamente quando in mattinata a Napoli conclude la sua visita ufficiale. «Procederò con un'attenta verifica di precedenti di altre crisi a partire dal secondo Governo Prodi». È su quella frase che i cronisti cominciano a ragionare sulle ipotesi che si aprono. E la prima crisi di quell'Esecutivo ci fu nel febbraio 2007 quando all'Esecutivo mancarono due voti e il Professore rassegnò le dimissioni nelle mani di Giorgio Napolitano. Lui, però, le respinse e rinviò Prodi alle Camere dove ottenne la fiducia. Il secondo caso fu diverso perchè fu proprio il Professore a voler andare alle Camere con una relazione su cui pose un voto di fiducia ma perse la sfida e subito dopo diede le dimissioni che Napolitano dovette accettare. Dei due episodi, si guarda soprattutto al primo.
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