I giudici: «Parolisi uccise Melania
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di Teodora Poeta
TERAMO - E’ stato un raptus per un rapporto sessuale negato: non c’entrano amanti o segreti di caserma. Ecco il punto chiave del delitto di Melania Rea secondo la ricostruzione del Gip di Teramo, Marina Tommolini.«è maturato nell'enorme frustrazione vissuta da Salvatore Parolisi nell'ambito di un rapporto divenuto impari per la figura ormai dominante di Melania». E’ il passaggio più importante delle motivazioni depositate ieri della sentenza di primo grado all'ergastolo per Salvatore Parolisi, il caporal maggiore dell'Esercito in carcere dal 19 luglio del 2011 per aver ucciso sua moglie.
In 67 pagine il giudice ricostruisce l'intera vicenda, evidenziando l'importanza del dato fattuale rispetto alla prova scientifica. Quella mattina del 18 aprile di due anni fa la giovane famiglia è andata a Colle San Marco, ma «Melania non gradendo la scarsa igiene delle altalene dei piccoli e trovando il gioco sull'altalena dei grandi pericoloso per la figlia, ha proposto di lasciare il pianoro e di andare al chiosco della pineta (a Ripe di Civitella, ndr), curiosa di conoscere i luoghi ove si addestrava il marito e in cui era già stata, dovendo però desistere per la neve». Mamma e figlia si sono incamminate verso la staccionata. Salvatore le ha raggiunte con l'auto e loro salgono. Lungo il tragitto sono arrivate le due telefonate alle quali Melania non ha risposto, «forse perché c'era la musica in auto o forse perché aveva momentaneamente disinserito la suoneria per far addormentare la figlia», è la spiegazione. Sono le 15-15.05 quando la coppia arriva sul luogo del delitto. La bimba secondo il giudice resta in auto a dormire. La temperatura è più fredda. Salvatore ha nello zaino il pantalone militare e la relativa casacca in goretex. Li indossa sopra ai suoi abiti, «munendosi di un coltello a serramanico forse per cercare un albero della cuccagna da portare alla suocera o forse per tagliare un qualcosa da mangiare che Melania aveva portato per la merenda della bambina, senza poter escludere che avesse anche le scarpe ed i guanti militari». Melania deve fare pipì. Va dietro al chiosco. Secondo il giudice suo marito, vedendola seminuda, verosimilmente si eccita, avvicinandola e baciandola per avere un rapporto sessuale. Ma Melania, sia per il problema dell'ernia, sia per il fatto della presenza in auto della figlia, lo rifiuta. Forse rimprovera anche pesantemente Salvatore che, a quel punto, reagisce all'ennesima umiliazione, sferrando i primi colpi. Melania tenta di reagire e di prendere il cellulare che forse aveva nella tasca del giacchino, ma con la difficoltà dell'avere ancora i pantaloni abbassati cade in ginocchio, e, con le braccia divaricate, si appoggia sulle tavole. Pochi minuti e la sfilacciata relazione finisce nel sangue. Saranno le bugie dette dal caporal maggiore ad incastrarlo. «Nel tentativo di allontanare i sospetti che lo vedevano come il maggior indiziato per il delitto di Melania - si legge ancora nelle motivazioni - ha fornito una mole di menzogne (così com'era solito fare nella propria vita quotidiana) che, inconsapevolmente, se valutate unitamente a tutti gli altri elementi raccolti, hanno costituito una sorta di confessione». Confessione mai fornita agli inquirenti perché Salvatore ancora oggi continua a dichiararsi innocente. |
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