I processi di Berlusconi restano a Milano
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di Claudia Guasco
MILANO - Restano a Milano i processi a Silvio Berlusconi. Per i giudici della Cassazione non sussiste prova del «legittimo sospetto» di una presunta «ostilità» degli uffici giudiziari del capoluogo lombardo nei confronti del Cavaliere. Il dispositivo della sentenza, firmato dal presidente della sesta sezione penale Giovanni De Roberto, è essenziale: «Si rigetta la richiesta di rimessione e si condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali». Niente trasferimento a Brescia per i procedimenti Mediaset e Ruby, dunque, e Berlusconi non nasconde la sua preoccupazione per il «fumus persecutionis» che a suo dire inquina le decisioni del magistrati milanesi. «Confido in una sentenza di piena assoluzione a meno che si voglia ancora una volta eliminarmi attraverso la via giudiziaria. Un tentativo che avviene da oltre vent’anni», afferma l’ex premier.
VERDETTI IMMINENTI La rimessione per legittimo sospetto è una strada già tentata dal Cavaliere dieci anni fa, quando chiese di spostare sempre da Milano a Brescia i processi del cosiddetto filone «toghe sporche» (Imi-Sir/Lodo Mondadori). Ma i casi di accoglimento sono rari, si tratta di uno strumento eccezionale: significa sottrarre un processo al giudice naturale indicato dalla legge. E anche questa volta i giudici della Suprema corte si sono attenuti alla linea prevalente, che registra il 98 per cento delle richieste rigettate. Nelle quaranta pagine depositate dagli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo si rimarcava «l’aggressività dell’ambiente milanese, che non tollera alcuna critica e che all’evidenza non sopporta che si assumano provvedimenti non sfavorevoli all’On. Berlusconi». Per la Cassazione, invece, «la serenità e l’imparzialità degli organi giudicanti» non è in discussione e perciò si può andare avanti. Domani riparte l’appello Mediaset, nel quale il leader del Pdl è imputato di frode fiscale e ha già sulle spalle una condanna in primo grado a quattro anni con interdizione dai pubblici uffici per cinque anni. Lunedì sarà la volta di Ruby, nel quale risponde di concussione e prostituzione minorile. Entrambi i processi sono a un passo dalla sentenza. IL NODO DELLA CONSULTAA Ruby manca solo la requisitoria del pm Ilda Boccassini, a Mediaset un paio di arringhe difensive prima della camera di consiglio. Sul procedimento pende però la spada di Damocle della Consulta, chiamata a esprimersi su un conflitto di attribuzione sollevato tre anni fa dai difensori in merito alla mancata concessione di un legittimo impedimento in primo grado quando Berlusconi era premier. Domani gli avvocati del Cavaliere chiederanno un rinvio in attesa del verdetto della Corte costituzionale. Se dovesse risolvere il conflitto a favore di Berlusconi, le possibilità sono due: azzerare il processo e ripartire dal primo grado oppure celebrare l’udienza annullata convocando quattro testimoni americani. Un procedura che allungherebbe i tempi del dibattimento e rosicchierebbe i termini della prescrizione, fissata ad aprile 2014. |
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