Ruby, giudici in camera consiglio,sentenza Berlusconi attesa oggi
MILANO (Reuters) - I giudici del cosiddetto processo Ruby, in cui l'ex premier Silvio Berlusconi è imputato per concussione e prostituzione minorile, sono entrati in camera di consiglio questa mattina alle 9,45 dopo che la difesa ha presentato due memorie.
La sentenza di primo grado potrebbe arrivare oggi, anche se al momento non sono state date indicazioni di massima su quando le giudici Giulia Turri (presidente), Carmen D'Elia e Orsola De Cristofaro leggeranno il verdetto, fra le scadenze giudiziarie dell'ex premier previste questo mese che potrebbero mettere seriamente a rischio il governo, nonostante le continue dichiarazioni rassicuranti fornite ai media.
In aula Berlusconi non è presente, mentre lo sono i suoi avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo. L'accusa, che non ha fatto repliche, è rappresentata dal pm Antonio Sangermano e dal procuratore capo Edmondo Bruti Liberati.
Lo scorso maggio il pm Ilda Boccassini, oggi non presente in aula perché in ferie previste da tempo, ha chiesto per l'ex presidente del Consiglio e leader del Pdl una condanna a 6 anni e l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
La difesa, con Ghedini e Longo, ha chiesto che il Tribunale di Milano si dichiari incompetente, consideri i reati in questione ministeriali e quindi trasmetta gli atti al Tribunale dei Ministri, o in subordine dichiari la propria incompetenza territoriale a favore di Monza o, in subordine ancora, assolva Berlusconi perché i fatti non sussistono o perché non costituiscono reato.
LE TESI DELL'ACCUSA E DELLA DIFESA
Al centro del processo c'è la vicenda della giovane marocchina Karima El Marough - meglio conosciuta come Ruby Rubacuori - e le ormai famose cene di Arcore, nella residenza privata del leader del Pdl.
L'accusa sostiene che Berlusconi abbia avuto rapporti sessuali a pagamento con Ruby, quando la ragazza era ancora minorenne, e che la sera del 27 maggio 2010 abbia fatto pressioni illegittine sui funzionari della Questura di Milano, dove la giovane era stata fermata per furto, dicendo che si trattava della nipote dell'allora presidente egiziano Hosni Mubarak e facendola affidare, da minorenne, alla allora consigliera regionale Pdl Nicole Minetti (fra gli imputati di favoreggiamento della prostituzione nel propcesso "gemello"). Presunta concussione sui dirigenti di polizia, secondo l'accusa, per occultare la relazione dell'allora premier con la ragazza.
Ruby dal canto suo durante diversi interrogatori nelle indagini preliminari aveva messo a verbale di aver trascorso diverse notti ad Arcore e aveva descritto le serate come eventi in cui venivano compiuti anche atti sessuali. Successivamente però, sia ai mezzi di informazione che in aula (nel cosiddetto processo gemello "Ruby bis"), oltre a negare di aver mai avuto rapporti sessuali con Berlsuconi, ha dichiarato di non aver mai avuto coscienza che quelle di Arcore fossero feste erotiche, e ha aggiunto di aver raccontato "millanterie e bugie" anche sui suoi rapporti personali con Berlusconi "per sentirsi diversa" e dispiacendosi "di averle raccontate anche a Berlusconi", per quel che riguarda la sua parentela inventata con Mubarak.
Berlusconi ha sempre respinto ognuna delle due accuse, ha definito le serate nella sua villa "cene eleganti" citando diversi testimoni, e ha sempre dichiarato di aver aiutato economicamente Ruby solo per aiutarla ad uscire da un momento di difficoltà. Alla ragazza era stato trovato un appunto in cui si citavano quattro milioni e mezzo "da B.", ma Ruby ha solo amnmeso di aver ricevuto qualche decina di migliaia di euro per la realizzazione di un centro estetico.
La difesa nelle sue arringhe, fra le altre cose, ha ribadito che Berlusconi era convinto che Ruby fosse egiziana e imparentata con Mubarak e ne parlò a lungo in un pranzo istituzionale, che le sei testimoni d'accusa negano di aver avuto denaro per aver rapporti sessuali con l'ex premier, e che Berlusconi non chiese mai ai dirigenti della Questura di accelerare le procedure per il rilascio di Ruby.
Ghedini, al termine del suo intervento il 3 giugno scorso, aveva lamentato una "vicinanza culturale" fra Tribunale e procura e aveva detto di non potersi sentire ottimista per il verdetto, essendo il processo "a Milano".
GLI ALTRI "SNODI GIUDIZIARI" DEL CAVALIERE
Quello di oggi è solo uno degli appuntamenti giudiziari "caldi" per Silvio Berlusconi che si sono svolti e si svolgeranno a giorni.
L'8 maggio è stato condannato in secondo grado dalla Corte d'Appello di Milano a quattro anni di reclusione (tre dei quali coperti da indulto) e cinque anni di interdizione per frode fiscale per la compravendita dei diritti tv Merdiaset; e la settimana scorsa la Consulta, bocciando il suo ricorso per legittimo imopedimento, ha dato il "la" alla celebrazione del processo in Cassazione, ultimo grado di giudizio possibile.
Il 7 marzo il Tribunale milanese ha condannato Berlusconi a un anno per concorso in rivelazione di segreto d'ufficio nel processo per l'intercettazione telefonica pubblicata dal quotidiano "Il Giornale" sulla tentata scalata di Unipol a Bnl.
Giovedì prossimo, 27 giugno, è attesa davanti alla terza sezione civile della Cassazione, a Roma, la decisione finale sul Lodo Mondadori che fin qui, anche con la decisione della Corte d'Appello civile di Milano, ha imposto a Fininvest di risarcire la Cir di Carlo De Benedetti con 564 milioni di euro.
Infine Berlusconi è indagato dalla procura di Bari per induzione a rendere false dichiarazioni alla magistratura (l'ipotesi della procura è che Berlusconi abbia spinto l'imprenditore barese Giampaolo Tarantini su un giro di prostituzione), e da quella di Napoli per concorso in corruzione nell'inchiesta sulla presunta compravendita di senatori per far cadere il governo di Romano Prodi nel 2008.
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