Fini e Casini si candidano in Puglia
In lista anche il «socio» della Tulliani
Mantovano lascia Monti e la politica: torno magistrato
Tensione in casa Fli. Totaro: iscritto a Italia Futura
Il presidente della Camera: nessun ruolo nella vicenda
Fini e Tulliani
BARI - Fuori tutti i dirigenti e gli uscenti del partito, dentro il «socio» della moglie. In Puglia il partito di Gianfranco Fini è in rivolta. A un passo dal giorno in cui si dovranno depositare le candidature, Fli Puglia è a rischio chiusura per fallimento. Colpa di una doppia pressione: quella dei suoi dirigenti, tutti, ciascun per sé, fino a qualche giorno fa convinti di poter spuntare un posto in parlamento e tutti lasciati ora a terra dal capo che in Puglia candida solo non pugliesi; e quella della sua base, i circa duecento militanti, autoconvocatisi a Bari due giorni fa, per dire a Fini che il loro partito, quello locale, ha diritto di essere rappresentato in parlamento, ma anche per dire al coordinatore regionale Francesco Divella che, visto che per le liste tenta di far da sé, senza coordinarsi con nessuno, deve dimettersi. Un passo che, a quanto sembra, Divella — che alla sua personale conferma in parlamento ha già rinunciato — starebbe per compiere senza bisogno di sollecitazioni dalla base. Divella si dimetterebbe insieme a Gianmarco Surico, aspirante parlamentare di cui l’imprenditore della pasta è main sponsor, Carmine Patarino, aspirante a una riconferma difficile data la presenza continuativa da sei legislature, Euprepio Curto, aspirante a un ritorno a Roma dopo quattro legislature esclusa l’ultima, e Paolo Pellegrino, presidente provinciale a Lecce. In sostanza, i dirigenti pugliesi di Fli (a eccezione di Salvatore Tatarella, europarlamentare in carica), tagliati fuori dai posti che contano e perfino dalla discussione. I pugliesi che votano Fli, infatti, pare si troveranno a eleggere alla Camera solo dirigenti nazionali: Gianfranco Fini, che potrebbe optare per la Puglia per liberare posti in altre regioni in cui la lista degli uscenti da garantire arriva fino al numero quattro, Italo Bocchino, che però opterebbe per la Campania, e Roberto Menia che sarà candidato solo qui. Nella più rosea delle aspettative, gli eletti di Fli a Montecitorio saranno due. Al Senato, poi, dove i finiani concorrono al listone di Monti, il quarto o terzo posto (visto il rifiuto di Mantovano) Fli lo prenota per Alessandro Ruben, consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, fedelissimo di Fini e uscente, la cui riconferma va garantita. Oppure — e questo davvero è uno smacco per i dirigenti — a Mario Totaro, imprenditore putignanese che alla moglie di Fini, Elisabetta Tulliani, è legato da un accordo commerciale: è la Mafrat di Totaro che distribuisce la linea di moda Dandyl’EN, creata da Nicoletta Romanoff e, appunto, da Elisabetta Tulliani. Ce n’è abbastanza per far infuriare i finiani pugliesi che pur sapevano che la tornata 2013 cassa, in tutta Italia, circa 15 parlamentari su 35 targati Fli. Ma che la Puglia ne perdesse due su due senza acquisirne nessuno...
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