Processo Mediaset, Berlusconi in aula
Chiesta condanna a quattro anni
«La condanna? Cantonata. Il 23 marzo in piazza contro pm». Scontro Anm-Alfano
Berlusconi arriva in aula (Furlan)
MILANO - Il sostituto pg di Milano, Laura Bertolè Viale, ha chiesto per Silvio Berlusconi la conferma della sentenza di condanna a quattro anni di carcere e a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici al termine della requisitoria nel processo d'appello Mediaset, in cui l'ex premier è accusato di frode fiscale. Silvio Berlusconi era in aula, venerdì mattina; alla stessa ora, alle 9.30, è iniziato anche il processo «Ruby» a carico di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. L'ex premier ha reso dichiarazioni spontanee, sostenendo di essere «totalmente estraneo» alla situazione contestata. «Nel periodo 2002/2003 ero presidente del Consiglio e non mi sono mai occupato di diritti televisivi», ha detto. Ha spiegato di essere «trasecolato» dopo la condanna in primo grado e ha ricordato: «Per i sei miliardi di tasse che il mio gruppo ha pagato dal 1994 merito una medaglia d'oro da mettere sul petto, per questo considero la condanna nei miei confronti in primo grado una grande cantonata giudiziaria». «Mi aspetto una sentenza giusta», ha concluso.
Berlusconi: «I pm hanno detto a De Gregorio: 'Parla o vai in galera'»
di Nino Luca
di Nino Luca
CONFERMA A 4 ANNI - Il sostituto procuratore generale Laura Bertolè Viale ha chiesto per Berlusconi, al termine della requisitoria, la conferma della sentenza di condanna a quattro anni di carcere per frode fiscale e a cinque anni di interdizione dai pubblici. Chiesta anche la condanna del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, a tre anni e quattro mesi per frode fiscale: in primo grado era stato assolto.
Berlusconi parla ai giornalisti (Fotogramma)
IL CASO DE GREGORIO - Berlusconi ha commentato anche l'inchiesta della Procura di Napoli che lo vede indagato con l'accusa di aver pagato il senatore De Gregorio per passare al centrodestra. Per Berlusconi, il senatore ha dichiarato di aver ricevuto tre milioni di euro perché «i magistrati gli hanno detto: "O ci dici qualcosa su Berlusconi o vai in galera", e lui che ha paura del carcere ha parlato». Per l'ex premier si tratta di una «barbarie» compiuta dalla magistratura che avrebbe costretto De Gregorio a parlare, dichiarando una cosa che secondo Berlusconi non è comunque mai avvenuta. «Un'altra invenzione della Procura di Milano» è secondo l'ex premier anche il processo con al centro l'intercettazione Fassino-Consorte sulla vicenda Unipol. Ha annunciato che sarà in aula il 6 marzo: «È paradossale che io sia l'unico italiano sotto processo per aver contribuito a pubblicare una notizia coperta da segreto istruttorio», quando vengono pubblicate quotidianamente dalla stampa.
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IN PIAZZA A ROMA - Ancora una volta Berlusconi si è scagliato contro una «parte della magistratura che è una patologia del nostro sistema, un cancro della nostra democrazia. Che utilizza la giustizia per combattere ed eliminare gli avversari politici che non si riescono a eliminare con il sistema democratico delle elezioni». E fuori dall'aula, l'annuncio: «Queste accuse ci porteranno in piazza il 23 marzo». Una manifestazione a Roma, sulla giustizia, non ha detto dove, ma la sede potrebbe essere piazza San Giovanni.
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Barbara Guerra sbaglia aula
L'ANM - Pronta la risposta l'Associazione nazionale magistrati: «Invocare la piazza in un momento come questo è molto pericoloso - ha detto il presidente dell'Anm, Rodolfo Sabelli -. Vuol dire screditare l'istituzione magistratura in un sistema complesso e unitario come lo Stato, significa indebolire lo Stato stesso e le istituzioni tutte».
ALFANO - Il segretario del Pdl, Angelino Alfano, ha subito reagito: «Mai nella storia dei pur turbolenti rapporti tra magistratura associata e politica si era raggiunto il livello di oggi. Mai la Anm si era spinta a diffidare, a tentare di impedire la manifestazione di un libero pensiero e di libere proteste in una piazza di un Paese democratico e repubblicano. Invitiamo la Anm a non superare, non tanto i limiti del buon senso, ampiamente varcati, quanto quelli delle leggi e della Costituzione, a cominciare dagli articoli 21 e 49».
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